martedì 5 agosto 2014

Altro che balconi, l’estate è un décolleté


di Patrizia Calefato

(La Gazzetta del Mezzogiorno del 20/7/2014)

Spogliarsi dei colli, delle sciarpe, dei colletti e dei foulard dell’inverno, dare alla pelle tra il mento e il torace la possibilità di respirare libera e di farsi attraversare dai raggi del sole anche quando si cammina per strada di giorno. La sera, invece, farle assaporare la brezza, e insieme dare al proprio stile un tocco di eleganza. Parliamo di scolli, ovvero dei vari modi in cui le donne hanno usato e usano liberarsi dei vincoli di stoffa, merletto, pelle o lana che sia, che occultano il collo, liberando invece, complice la moda, la parte che sta esattamente tra il collo e il seno, detta in francese non tradotto décolleté.
Se il décolleté sia la parte del corpo o il modo in cui essa viene “incorniciata” dalla scollatura, è questione ambigua. Nell’uso comune della lingua, décolleté vuol dire infatti entrambe le cose: cioè sia, letteralmente, la scollatura dell’abito, sia la parte alta del petto. Detta così, quest’ultima sembra un po’ un’espressione da usare più dal pollivendolo che in boutique, ma al complimento “Che bel décolleté!” difficilmente si resta indifferenti. Potremmo definirla una zona di confine tra i segni del volto, votati a significare la riconoscibilità e l’espressività della persona, e il seno, parte direttamente legata alla dimensione erotica e carnale della corporeità femminile. C’è poi anche un uso esteso della parola décolleté, che scivola dal petto ai piedi per indicare quel genere di scarpe che scoprono il collo, appunto, del piede. Ma restiamo qui a parlare di petti e colli propriamente detti.
L’estate e la moda sono artefici dei passaggi anche repentini dalle accollate costrizioni di colli dolcevita e lupetti alle aperture più fantasiose del décolleté, una zona del corpo che le donne, in varie culture ed epoche, hanno avuto la possibilità di scoprire e decorare con molta maggiore libertà e fantasia degli uomini, fortunate almeno in questo. Non analoga sorte è toccata al décolleté maschile, dotato di una poetica del rivestimento e dell’ornamento forse meno culturalmente celebrata di quella femminile, ma sicuramente altrettanto interessante nell’immaginario sociale. Ma andiamo con ordine.


E partiamo dalle tre “ultime trovate” che l’estate in corso dedica agli scolli femminili, ultime trovate per modo di dire, in quanto si tratta di quei ricorsi storici frequenti nella moda, quel sistema sociale che si caratterizza proprio per i “balzi di tigre” che compie all’indietro nel tempo per poter vivere nel presente, come diceva il filosofo Walter Benjamin. Spesso le parole della moda utilizzano metafore come nei tre casi che rappresentano le tre “trovate” in questione dell’estate 2014: lo scollo a barca, quello all’americana e quello a V. La sagoma arrotondata e insieme affusolata di un natante è quella evocata dalle scollature definite appunto “a barca” che incorniciano la base del collo, non lasciando molto di scoperto, se non i due pezzi di pelle che vanno verso le spalle. Il collo a barca fa molto brava ragazza e si accorda in modo perfetto con il revival del new look – corpetti striminziti e gonne ampie al ginocchio – che Christian Dior inventò sul finire degli anni ’50, e che torna ancora e ancora fino ai nostri giorni. Nel cinema classico, lo porta nel film Arianna (1957) Audrey Hepburn, quando va al Ritz, il celebre hotel di Place Vendôme a Parigi, a trovare il maturo donnaiolo Gary Cooper che crolla però come un innamorato imberbe e per sempre fedele di fronte alla giovane Arianna col suo vestitino fantasia e il suo lungo collo incorniciato da una immaginaria barchetta.
 Lo scollo all’americana – che viene abbottonato dietro la nuca e lascia libere le scapole - è stato invece riesumato di recente forse ispirandosi alla accurata ricostruzione del guardaroba di Grace Kelly fatta nel recente film Grace of Monaco (2014) a lei dedicato interpretato da Nicole Kidman. Questo genere di scollatura non appartiene però al periodo in cui Kelly fu principessa di Monaco. L’ispirazione è presa invece dalla scena di un altro film, Caccia al ladro (1955) di Alfred Hitchcock, in cui lei lo indossa a suggello sensualissimo di un eccentrico completo da mare bianco e nero con tanto di cappello a falde larghe, che fa sobbalzare per la sua estrosità perfino il compunto Cary Grant. Che lo scollo si chiami “all’americana" nel lessico italiano della moda si deve probabilmente al fatto che esso ebbe molta popolarità in USA sin dagli anni ’40 del Novecento: non a caso il personaggio interpretato da Grace Kelly nel film ambientato in Costa Azzurra è proprio quello di un’americana in vacanza. Oggi lo scollo all’americana impreziosisce soprattutto casacche squadrate su pantaloni larghi e morbidi, un insieme che cita esplicitamente quell’abito cinematografico dovuto all’opera della grande costumista di Hollywood Edith Head.

Il terzo scollo della nostra estate 2014 è quello detto a V, vertiginoso come quelli dei vestiti che indossa l’attrice Amy Adams nel film dell’ultima stagione American Hustle (2013). Citazione esplicita direttamente presa dagli anni ’70 nel film, lo scollo a V richiede seni piccoli perché vi si insinua profondamente in mezzo rifiutando l’ostacolo del reggiseno ed evocando i tempi in cui se ne faceva tranquillamente a meno senza ossessioni di chirurgia estetica e obblighi di quarte misure. La V del nome ci ricorda, come diceva Roland Barthes, che la moda inscrive il corpo in “uno spazio sistematico di segni”, dove anche la lettera dell’alfabeto può diventare principio di metafora e di racconto.
Per continuare con le scollature a ispirazione cinematografica, e andando verso le immagini intramontabili di questo scenario tra moda e cultura visuale, non si può non ricordare quella, strepitosa, a balconcino di Sophia Loren che fa lo striptease in camera da letto per Marcello Mastroianni in Ieri, oggi, domani (1963). In questo caso, la metafora del “balconcino” richiama sia il seno che si appoggia sullo scollo, come se stesse al balcone, sia l’immaginario del balcone come luogo da cui si guarda una scena, chiamando così in causa l’aspetto visivo, finanche voyeuristico, che la moda come forma di comunicazione implica. In questa stessa logica si pone la scollatura fasciata di Marilyn Monroe che, in Gli uomini preferiscono le bionde (1953), balla e danza inneggiando ai diamanti preferiti dalle ragazze. In un’ottica di décolleté romantico vive nel nostro immaginario lo scollo a cuore sul vestito scarlatto che Julia Roberts indossa una sera a teatro con Richard Gere nel film Pretty Woman (1990).
Come in ogni segno che si rispetti, il décolleté conosce anche il suo opposto, quello in cui è la schiena, e non il petto, ad essere scoperta, come accade a Kim Novak, nella scena del ristorante nel film La donna che visse due volte (1958). Scollo posteriore anche per Faye Dunaway nel film Il caso Thomas Crown (1968), nella scena carica di erotismo in cui gioca a scacchi con Steve McQueen. In questo caso, l’abito morbido di Dunaway è chiuso all’americana sul davanti lasciando completamente scoperta la schiena fino alla vita sul didietro.
 Basta lo scollo dell’abito a fare un décolleté? A volte sì, a volte occorre insistere con i segni, impreziosendo con una collana la zona nuda. Tra gioielli e bijou la scelta è aperta.

(continua, nel prossimo articolo décolleté uomini)

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